GENITORI "SPAZZANEVE": LA NEUROPSICHIATRA SPIEGA CHI SONO

Sab 28/05/2016

Assillati dall’ansia di essere buoni genitori, mamme e papà 2.0 spesso eccedono in zelo, con effetti devastanti sulla personalità del figlio. Desiderare il meglio per i propri bimbi può innescare un circolo vizioso di cure, attenzioni, ingerenze estreme, che dalla vita domestica dilagano nei rapporti sociali, nelle attività sportive e scolastiche.

La cronaca di ogni giorno sbalordisce con episodi, anche violenti, in cui genitori accecati dalla brama di veder primeggiare la prole si scagliano contro insegnanti e presidi. La tendenza a prevenire ed evitare qualsiasi difficoltà sta assumendo tratti patologici, mettendo in luce, in primo luogo, un’incapacità educativa dei genitori nell’aiutare il figlio a trovare se stesso (educere in latino significa condurre fuori) ed un’immaturità di fondo nel far fronte agli insuccessi.

Una società estremamente competitiva può produrre mostri, quando mammina e papino cercano di gareggiare al posto del pargolo, surrogandosi a lui. In Inghilterra è stato coniato il termine “genitori spazzaneve”, o caterpillar, per definire la tendenza a spianare la strada ai cuccioli, abbattendo ogni ostacolo, con il risultato di crescere figli inetti a gestire gli aspetti pratici della vita, abituati a delegare, insicuri e in fondo infelici nella loro gabbia dorata. Come fare? Responsabilizzare pare la parola d'ordine. Forse per i genitori vale, parafrasato, il brocardo riferito ai grandi attori: la cosa più difficile è saper uscire di scena al momento giusto.

Ne abbiamo parlato con Alessandra Dassò, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta dell'età evolutiva. Ecco la sua opinione: Uno stile educativo improntato sull'iperprotettività fin dai primi anni di vita può determinare molteplici effetti negativi, sia sulla crescita emotivo-affettivo-relazionale del bambino che su quella relativa al linguaggio e agli apprendimenti, che in casi estremi si può tradurre in una riduzione delle prestazioni cognitive.

 Prima di parlare delle conseguenze di una modalità educativa bisogna accennare al fatto che già nella prima infanzia, cioè nel periodo appena dopo la nascita, la madre stabilisce un profondo legame con il proprio figlio che talvolta rischia, per difficoltà del genitore legate all'ansia di rispondere prontamente ai bisogni fisiologici del figlio, di diventare eccessivo ed unico.

 Si parla infatti di stili di attaccamento.

 Ci sono madri, ad esempio, che dopo la nascita del figlio hanno molta difficoltà nel mantenere distanze, anche minime, tra sé e il neonato, rispondendo e anche a volte anticipando le esigenze del bambino.

 L'allattamento a richiesta, molto spesso "imposto" alla nascita da alcuni pediatri e ostetriche, non aiuta in questo madri che, di base, manifestano una fragilità intrinseca di personalità nel resistere alla frustrazione derivante dal pianto del proprio figlio e tendono per questo  ad accontentarlo sempre; in qualsiasi momento del giorno e della notte.

 Questo atteggiamento deriva molto spesso da esperienze negative subite dal genitore, durante l'infanzia oppure nelle epoche successive, quali al esempio lutti, separazioni prolungate dai genitori, maltrattamenti, carenze affettive non compensate in età adulta.

 Questa condizione di risposta immediata alle richieste del bambino, si traduce, in alcune circostanze, in ansia materna/paterna, con l'insorgere di timori e paure ingiustificate relative alle condizioni di salute del proprio figlio/a.

 Si annoverano infatti casi nei quali i genitori (più spesso la madre) tengano con sé a dormire il proprio figlio per paura che possa non respirare bene oppure che, in epoche successive, assillino i pediatri di base con richieste continue ed ingiustificate relative all'accudimento del bambino.

 Nell'epoca di "separazione-individuazione", coincidente con lo sviluppo della deambulazione, tappa fondamentale descritta da M. Mahler per lo sviluppo dell'autonomia del bambino, le cure e le preoccupazioni aumentano impedendo allo stesso di sperimentare e di conoscere l'ambiente in cui vive.

Lei parlava anche di ricadute di questo atteggiamento sullo sviluppo cognitivo. In che modo può incidere un ossessivo attaccamento da parte dei genitori?

Ad esempio il linguaggio di un bambino con difficoltà espressive può venire compromesso maggiormente, con la sostituzione del genitore al figlio per la comunicazione con gli altri, coetanei e adulti.

 Accade dunque nel tempo che il genitore finisca per impedire al bambino di affrontare sia esperienze negative e frustranti che positive ed edificanti per lo sviluppo della personalità.

 Il genitore interferisce pesantemente sulle scelte del figlio ed investe sul suo futuro, predeterminandolo spesso a realizzare l'aspettativa di vita che avrebbe voluto per se stesso, divenendo pertanto a volte l'unico scopo importante per lui, molto meno per il figlio.

 Ne deriva che viene persa di vista la dimensione e l'identità del bambino, che diviene pertanto un surrogato del genitore dominante.

E'  molto interessante una ricerca svolta ad Oxford sulla fase di separazione-individuazione: spiga come i bambini che gattonano più a lungo  diventeranno più abili dal punto di vista motorio. La spiegazione è semplice e nasce da un’osservazione geniale; i bambini che camminano prima rendono più ansiosi i genitori. Non solo: cadendo dall’alto si fanno più male con rinforzo negativo della loro curiosità che, associata all’emergere di una maggiore iperprotettività nei loro confronti, determinerà una minore esplorazione del mondo esterno.

 Quali sono dunque gli effetti sul bambino?

 La minore esposizione alle normali esperienze di vita impedisce che sia crei, parallelamente allo sviluppo corporeo, una dimensione psichica matura ed autonoma, con continua dipendenza del bambino nei confronti del genitore.

Cosa può accadere nella fase della crescita?

 In adolescenza la dimensione idilliaca creata dal genitore per il figlio si scontra con la realtà della società, che implacabilmente prevede la presenza di inconvenienti scolastici, scontri con compagni di classe.

 Questo finisce per creare nella psiche del ragazzo una discrepanza incolmabile tra la dimensione infantile ideale rappresentata da genitori onnipresenti e onnifacenti e la realtà caratterizzata dalla necessità di prendersi le proprie responsabilità in una società estremamente richiestiva in termini di prestazioni e autonomia.

C’è modo per testare queste problematiche, come si fa con disturbi della personalità o dell’apprendimento?

 Esistono test psicometrici da effettuare sugli adolescenti/adulti (es. Parental Bonding Instrument; PBI, Parker G. et al) che indagano la dimensione "Care" del genitore (amore, calore emotivo, empatia, vicinanza affettiva), in contrasto con il fattore "Overprotection" (iperprotettività, instrsività, controllo, eccessivo contatto, infantilizzazione), per capire il tipo di educazione percepita dal ragazzo.

 

Per concludere con un'emoticon, si potrebbe usare la faccina con il sorriso a denti stretti. Alzi la mano chi, leggendo, non si è sentito un po' in difetto, mentre magari si fregiava di essere un genitore virtuoso o una campionessa dell'allattamento. Se si facessero test psicometrici a tappeto forse l'esito sarebbe simile all'esame del palloncino l'ultimo dell'anno: tutti ubriachi. Di troppo amore.  

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