ORFANI DEL "NOI": PERCHE' DOBBIAMO RITROVARE UN SENTIMENTO SOCIALE

Ven 03/01/2020

“Non sarà lontano il giorno in cui l’economia

occuperà quel posto di ultima fila che le spetta

e saranno protagonisti i nostri problemi reali:

i rapporti umani, la creatività, la qualità della vita...”

(J. M. Keynes, economista, 1883-1946)

 

“Politici e studiosi trascurano il valore dell’empatia e fanno poco per svilupparla.

Ma una società in cui si cerca la comprensione reciproca è meno violenta”.

(Simon Baron-Cohen, psicologo)

 

 

Un ragazzo di prima liceo mi raccontava alcuni episodi della sua esistenza e, tra l’altro, mi precisava: “Noi, noi del nostro gruppo, siamo noi! Ci sentiamo uniti, altri gruppi che conosco puntano più sulle cose che hanno… cellulare, abiti, scarpe, moto… lo fanno per farsi valere, per tirarsela”.

Nella nostra società prevale spesso l’arrivismo, la competizione sfrenata, l’acquisizione di “beni-rifugio” a cui si delegano pezzi di identità.

Può trovare, invece, spazio la compartecipazione di affetti, la comunicazione legata alle caratteristiche di personalità, la condivisione di parole significative e permeate di valori forti?

Tendiamo frequentemente a chiedere o pretendere considerazione in nome della nostra presunta identità o della nostra carta di identità, chiediamo meno attenzione in relazione al nostro impegno e ai nostri meriti, anche in ambito sociale.

Però l’identità presunta, tantomeno la carta di identità, non dà diritti particolari: essa è vuota e senza senso se non è supportata da idee, progetti, impegno e responsabilità.

La responsabilità individuale va unita alla responsabilità comunitaria, perché l’identità non è mai solo qualcosa di individuale, ma si costruisce nella relazione con altri “tu”, si forgia nelle interconnessioni con sistemi comunitari vicini e lontani. L’identità è un costrutto sociale.

Chi crede che l’identità sia solo “cosa propria”, una costruzione esclusivamente individuale, non fa un buon servizio alla comunità e neppure a sé.

Per esempio, la mancata maturazione dello spirito di gruppo in una classe di alunni, prima o poi, farà sorgere tensioni e disagi e anche le problematiche dei singoli si acuiranno più facilmente.

Gli adulti non trasmettono forse troppo poco il senso del “noi”, del sentimento sociale?

Pur con diversissime coloriture sono rimaste solo alcune famiglie, certe squadre sportive, alcuni stupendi gruppi giovanili o certe bande antisociali (che formano un gruppo molto coeso, ma con modalità negative o addirittura criminali) a ricordarci la dimensione sociale, l’identità comunitaria, l’importanza del gruppo?

Troppi adulti barattano le cose e utilizzano i regali come sostituti e surrogati della mancata loro presenza con i figli. Non raramente gli oggetti evidenziano e compensano la povertà o l’assenza degli scambi esistenziali.

Non pochi genitori hanno coperto i figli di doni per nascondere l’indisponibilità ad esserci, ad esserci di persona.

Ho sentito un genitore affermare: “Non so cosa fare con mio figlio adolescente durante i giorni festivi!”

Per questo numerosi giovani si sentono orfani! Orfani nonostante abbiano -per fortuna- i genitori in buona salute, ma assenti dal punto di vista emotivo e relazionale.

Orfani di appartenenza familiare e/o sociale, appunto!

E questa non può essere taroccata né compensata con nessun oggetto o regalo.

La storia non viene scritta solo dagli individui, ma anche dai gruppi, dalle comunità.

Se qualcuno raggiunge un obiettivo è perché molti altri hanno contribuito, spesso senza apparire…

L’imperatore e filosofo romano Marco Aurelio (121-180 d.C.) scriveva: “Ciò che non è utile e non fa bene allo sciame, non fa bene neppure all’ape”.

In un’epoca di molti (troppi!) narcisisti e di “principesse e principini sul pisello” (per citare una favola) è importante sviluppare l’intelligenza sociale tramite training di ampliamento della collaborazione reciproca e di potenziamento del sentimento sociale.

Perciò: buona intelligenza sociale a tutti!

 

Davide Pagnoncelli

Psicologo e Psicoterapeuta

Email: allargacervelli@gmail.com

 

 

 

Davide Pagnoncelli è Psicologo, si è specializzato in Psicoterapia sia analitica che di Psicoterapie Brevi, si è formato in Teatroterapia con un percorso teorico-pratico triennale e in Arteterapia con la sperimentazione di metodiche creative di costruzione e decostruzione di un testo e di fototerapia.

Oltre all’attività clinica, da più di vent’anni opera nell’ambito della psicologia scolastica. In particolare, da diciotto anni è responsabile, presso le scuole dell’Opera S. Alessandro di Bergamo, di un Servizio Psicologico significativamente strutturato per operare con continuità a vari livelli (alunni, genitori, personale scolastico) con interventi individuali, di piccolo gruppo e di classe; vari progetti innovativi sono già stati realizzati per gli alunni e per le famiglie.

È autore di alcune ricerche in ambito psicopedagogico e sociale pubblicate su varie riviste scientifiche e del libro “Figli felici a scuola” edito nell’aprile 2018.

 

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