L'ADOLESCENZA NASCOSTA

Mer 15/03/2017

 

Silvia Panella e Stefania Caltieri, psicologhe e psicoterapeute, presentano una loro analisi e riflessione sulla difficoltà dell'essere adolescente oggi e sul ruolo che il mondo adulto dovrebbe riuscire ad assumere nei confronti dei ragazzi:

 

I recenti fatti di cronaca sia nazionale che locale ci portano, ancora una volta, a parlare di adolescenza. La generazione di adolescenti di oggi, figli nati all’inizio del nuovo millennio, vengono spesso descritti dagli adulti preoccupati e impauriti che li osservano, come una generazione di violenti senza ideali e senza  sogni.

Vengono perciò interpellati “gli specialisti” nello sforzo di comprendere le ragioni dei comportamenti e dello stile di vita dei giovani, per scoprire le motivazioni recondite di questa loro rabbia e aggressività. Ciò che emerge mette troppo spesso in luce i loro limiti, e purtroppo raramente le loro potenzialità. Quello che viene detto è che questi ragazzi sono incapaci di gestire le emozioni, di tollerare la frustrazione, di accettare le regole della società. E subito sorge spontanea la domada: di chi è la colpa?  Dei cellulari, di internet o dei social network, che sono diventati la scuola e la palestra per imparare a socializzare con il mondo dei pari, strumenti che rischiano di allontanare e alienare l’individuo dal rapporto con l’altro.

I genitori ed i nonni spesso faticano a mettersi nei panni di questi ragazzi, si sentono distanti dai loro comportamenti e se ripensano agli adolescenti che loro stessi sono stati sembrano, e forse lo sono, provenire da realtà troppo lontane e diverse da quella attuale. Il mondo dei nonni era principalmente un mondo di fatica e sacrificio nel quale chi non aveva voglia di studiare (ma anche chi aveva la voglia ma non aveva disponibilità economiche sufficienti) si rimboccava le maniche e ancora senza barba si affacciava al mondo del lavoro in un’Italia, quella del Dopoguerra, che nonostante la povertà aveva la speranza e soprattutto il bisogno di sognare un futuro di maggiore agio. I genitori sono invece la generazione dei giiovani degli anni ‘80: un’infanzia vissuta nel boom economico, anni quelli in cui in Italia si è ampliata la possibilità di accedere agli studi e una volta raggiunto il traguardo della laurea, era ancora vero (o forse semplicemente possibile) poter trovare un lavoro sicuro…

Viene a questo punto da interrogarsi rispetto al sistema di valori trasmesso agli adolescenti di oggi. Se i ragazzi di oggi sono in difficoltà, quelli che non possono esimersi dall’interrogarsi siamo noi, gli adulti. Cosa stiamo insegnando a questi ragazzi? Come li stiamo educando? Chi ha vissuto la guerra ha tramandato ai giovani di allora la speranza di riscatto da esperienze intense, spesso dolorose. I giovani di allora hanno accolto quella speranza, quella sfida che ha germogliato dentro di loro e che è stata capace di farli riflettere ed agire verso un’idea di comune destino.

Gli adolescenti di oggi ascoltano invece una narrazione per certi aspetti capovolta e in parte contraddittoria: tu sarai l’adulto del domani, sei il nostro futuro, ma l’agio di una volta tu non lo vivrai mai!

Sono costantemente bombardati sui media e social media da informazioni catastrofiche, da immagini violente e il loro immaginario non può che costruirsi su quello… Li abbiamo svuotati?

Facendo attività nelle scuole superiori ci è capitato di chiedere a ragazzi di 17 anni, che finiranno le superiori tra un anno, cosa vorrebbero fare da grandi. Le risposte?

“Quello che trovo!”

“C’è crisi.”

“Mi devo accontentare!”

Ecco, rispetto a risposte come queste viene da chiedersi di chi sia la responsabilità: è nostra, di noi adulti? Se un ragazzo di 17 anni non ha aspirazioni, crede di non avere nessun talento, noi come adulti, come comunità educante abbiamo il dovere di ripensare e rivedere a ciò che stiamo lasciando loro e affrontare noi per primi le paure che comporta il vivere in una società in continua accelerazione.

Noi possiamo e dobbiamo sostenerli; i ragazzi hanno bisogno di sapere che qualcuno crede in loro, che non sono soli e che saranno ascoltati sempre anche quando quello che diranno non sarà ciò che avremmo voluto sentire.

Tutto questo possiamo farlo… possiamo restituire loro la speranza.

C’è una canzone di Roberto Vecchioni, scritta negli anni in cui eravamo adolescenti, che si intitola “Sogna ragazzo sogna” , uno dei versi dice: "Lasciali dire che al mondo quelli come te perderanno sempre perchè hai già vinto, lo giuro, e non ti possono fare più niente." Ecco, noi vorremmo che i ragazzi di oggi potessero ancora credere in una frase come questa ed emozionarsi e commuoversi come accadeva a noi, quando ci sentivamo ancora bambine ma nello stesso tempo grandi, quando smarrite in mezzo alla vastità della vita che ci si apriva davanti pensavamo al nostro futuro.

 

Stefania Caltieri e Silvia Panella

Per contatti: studiorosadijericho@gmail.com
Via Costantino Dall'Argine, 5
43123 Parma

 
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