CONTRO IL BULLISMO: ROMPERE IL SILENZIO

Gio 14/01/2016

L'alleato più forte del bullismo è il silenzio: il silenzio di chi lo subisce e per paura o vergogna non parla, il silenzio di quelli che assistono alle violenze o alle dinamiche di esclusione e non dicono nulla per non esporsi, il silenzio degli insegnanti che molte volte non riconoscono la gravità di quello che accade nelle scuole o che, pur consapevoli, non dispongono di strumenti adeguati e di prassi consolidate per poter fermare la dinamica del sopruso, il silenzio dei genitori che non sempre danno la giusta importanza ai racconti dei figli.

Secondo l'indagine 'Osservatorio adolescenti' presentata da Telefono Azzurro e Doxakids nel 2014, condotta su un campione di 1500 ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, alle scuole medie il 30% risulta vittima di bullismo mentre alle scuole superiori la percentuale sale al 38,3%. Ma vittime lo sono in misura sempre crescente anche i bambini delle elementari. Lo scenario che fa da sfondo a questi episodi e che consente a chi li mette in atto di acquisire, tramite essi, visibilità e prestigio, è in larga misura la scuola ossia un luogo la cui prima funzione dovrebbe essere quella educativa. Più di un terzo dei ragazzi intervistati vorrebbe che gli insegnanti rivolgessero maggiore attenzione al fenomeno offrendo più protezione alle vittime.

Il Ministero della Istruzione, in collaborazione con Telefono Azzurro, ha attivato una 'Linea nazionale di contrasto al fenomeno del bullismo', con il numero gratuito 1.96.96 attiva tutti i giorni e a tutte le ore, ed una chat (www.azzurro.it/chat).

Che cosa si intende con bullismo
Il bullismo, nella definizione di Menesini e Nocentini ('Il bullismo a scuola', Giunti), è un tipo di comportamento aggressivo particolarmente crudele in quanto rivolto in modo intenzionale, ripetuto e persistente verso chi non è in grado di difendersi per varie ragioni (perché più debole, più piccolo o per lo stato di isolamento che lo circonda).

Chi è il bullo
Chi commette atti di bullismo ha di solito un basso livello di autostima, scarse capacità di comunicazione, è debole dal punto di vista delle capacità scolastiche, proviene spesso da famiglie che presentano dinamiche disfunzionali di aggressività, è scarsamente empatico rispetto ai sentimenti altrui, manca di senso critico nei confronti delle proprie azioni e non si assume le relative responsabilità. Se viene accusato per i propri gesti, il bullo nega ogni responsabilità e dichiara, mentendo, di essere vittima di precedenti offese o aggressioni.

Come si manifesta la dinamica: violenza e esclusione
Mentre i maschi commettono azioni di bullismo in modo diretto attraverso gesti di violenza rivolti sia a maschi che femmine, queste ultime colpiscono prevalentemente le altre femmine in un modo, nella maggior parte dei casi, indiretto ossia attraverso forme di denigrazione e di esclusione che portano a un drammatico isolamento sociale.

Patologia individuale o relazionale?
Il bullismo non è una 'patologia individuale' ma si connota come 'patologia delle relazioni': per fare un bullo ci vuole una vittima ed un gruppo di spettatori che possano funzionare da cassa di risonanza per gli episodi. Questo aspetto del fenomeno è messo in luce da Menesini e Nocentini: 'la dimensione di gruppo fa sì che gli osservatori abbiano la potenzialità di influenzare la situazione rinforzando il bullo, unendosi e sostenendolo nella sua azione, o, viceversa, prendendo le distanze dall'aggressore e difendendo la vittima.' Altri possono invece restare nel ruolo di osservatori passivi.

Farsi carico del problema: responsabilità di genitori e insegnanti
Tutti i bambini o ragazzi coinvolti nella dinamica innescata dal bullismo devono essere aiutati: il primo passo è quello di rompere la bolla di silenzio che avvolge questi episodi. Se la vittima spesso tace per paura o vergogna, e pensa di essere responsabile per le aggressioni subite, anche il bullo e quelli che fanno da spettatori non riferiscono nulla ai genitori. Molto spesso poi i genitori, se ascoltano episodi rispetto ai quali il proprio figlio non riveste il ruolo di vittima, tendono a non farsi carico della situazione, sottovalutando la gravità della situazione. Anche il bullo deve essere aiutato perché manifesta con la violenza un disagio relazionale e sociale rispetto al quale la comunità educante non può chiudere gli occhi.
I genitori possono aiutare a fare emergere il problema parlando con i propri figli e chiedendo loro in modo esplicito se in classe si verificano episodi di questo genere: quando il bambino si confida è importante prestare la massima attenzione e non sottovalutare quanto raccontato. In ogni caso la condanna dei comportamenti di violenza o esclusione deve essere ferma e chiara. Il passo successivo deve essere quello di informare gli insegnanti, chiedendo di affrontare il problema con l'aiuto di uno psicologo esperto in dinamiche di gruppo.
Ma non sempre questo accade: molto spesso invece il genitore di un bullo giustifica le azioni del figlio riconducendole sotto l'etichetta di 'scherzi', atteggiamenti camerateschi, giochi. Anche di fronte a queste posizioni la scelta degli adulti deve invece essere molto chiara e puntare a chiamare le cose con il loro nome.
A scuola, dal momento che il fenomeno ha carattere sovra-individuale, l'azione educativa dovrà investire l'intero gruppo classe e non limitarsi a stigmatizzare il comportamento di un singolo verso il quale, in ogni caso, devono essere presi i provvedimenti disciplinari previsti.
Tutti i componenti della classe devono essere persuasi del fatto che il bullismo non è accettabile e che devono sempre riferire quanto accade agli insegnanti. La vittima deve essere aiutata a capire che non è responsabile per quanto gli accade: non è una colpa essere timidi, o avere i capelli rossi o la pelle scura o essere grassi o essere bravi a scuola o portare gli occhiali o non giocare a calcio. Chi ha qualcosa che non va è il bullo: la vera debolezza è in lui e su di lui bisogna intervenire per capire le cause profonde del suo comportamento e trovare la strada per aiutarlo a stare con gli altri.

 
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