ALLE RADICI DI UN ARCHETIPO DI DISUGUAGLIANZA: LA DONNA COME MATERIA

Dom 05/06/2016

Quale archetipo plasma la concezione della donna come oggetto, cosa, materia passiva pronta a ricevere forma e significato, o a venirne privata, dalla azione esercitata su di lei dal maschio? La potenza di questa immagine, che condiziona ancora oggi, e fortemente, i rapporti tra maschi e femmine, risale alle radici del nostro pensiero filosofico e religioso e si è tramandata grazie a trattati, sistemi giuridici e dogmi che hanno rafforzato questa dicotomia tra dominazione e sottomissione, fino a questo oggi che vede troppo spesso le donne interpretate come oggetti di dominio, merce di scambio, possesso.
Nel Timeo di Platone si trova il germe di questo potente dispositivo di pensiero che vede il principio femminile assimilato a materia, in una posizione di inferiorità e insignificanza: il Demiurgo è l'Artefice, il Produttore, anche detto Padre e coincide con l'Intelligenza. Sotto al Demiurgo giace il principio materiale, amorfo e oscuro. Non ci sorprende che questa Materia sia 'senza ragione e senza misura', 'madre e ricettacolo di ciò che si genera', 'amorfa e capace di accogliere tutto'. Il principio materiale da cui nasce il cosmo è connotato sempre come femminile e viene paragonato alla nutrice: il termine 'materia', che si lega al termine 'mater', significa materia per costruire, legna, così come 'hyle' in greco è il legname e la materia pronta a ricevere una forma e un senso grazie all'intervento dell'uomo.
La triade che vede il padre-demiurgo come il dispensatore di forma e significato, il figlio come colui che viene generato e la madre come materia dentro la quale si genera passerà dritto su una corsia preferenziale fino alla concezione cristiana che vede una coincidenza tra il Padre e il Figlio mentre la madre offre la materia per la costituzione del figlio.
Non stupisce che da un esercizio fatto in un Liceo, che prevedeva che i ragazzi e le ragazze distribuissero in modo immediato una serie di termini (in inglese nell'esercizio) sotto le due etichette di Maschio e Femmina, sia risultato che, per la maggioranza degli alunni, attengono al polo femminile i termini debolezza, pianto, bellezza, dolcezza, pulizie domestiche, insegnante, infermiere, passività, irrazionalità mentre vengono letti come riferiti al polo maschile i termini forza, razionalità, aggressività, rabbia, potere, ingegnere, scienziato. E si tratta di una classe nella quale era stato svolto un lungo lavoro di decifrazione e interpretazione, attraverso letture, film e articoli di giornale, degli stereotipi di genere che agiscono ancora fortemente e oscuramente dentro di noi. Per vedere quanto la donna sia equiparata e ridotta al suo corpo nell'immaginario dominante, e alle parti del suo corpo un tempo valorizzate perchè preposte alla generazione e oggi valorizzate in quanto strumentali al piacere, basta digitare la triade 'immagine donna pubblicità' per vedersi riversare sul video centinaia di figure attraverso le quali questa concezione continua a vivere e a riprodursi.
Questo quindi dovrebbe essere uno dei  compiti fondamentali della scuola, di ogni grado, se ancora la scuola intende essere un luogo di promozione dell'uguaglianza: lavorare con i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, per portare a evidenza le radici di ogni disuguaglianza in modo da disinnescare quel micidiale dispositivo, inscritto da migliaia di anni nel nostro animo e nei nostri gesti, in base al quale la donna è inferiore, è materia informe e insignificante, legname che assume senso solo grazie alla mano dell'uomo. Ma che, se a quella mano intende sottrarsi, se appare refrattaria a assumere o a mantenere la forma desiderata, può essere anche legna da eliminare. Da ardere.
LdI

 

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